martedì 28 giugno 2016

Aspettando San Pietro e San Paolo

Salve a tutti,
sabato scorso siamo stati a Subiaco a fare un giro monastico! Quindi abbiamo visto il Monastero di San Benedetto e l'Abbazia di Santa Scolastica. Foto prese dalla rete... e poi leggete sotto...







Il giorno dopo leggendo: "La felicità del meno" di Maria Chiara Giorda, Sara Hejazi trovo scritto:


"il monachesimo è una vera e propria arte del vivere, fra le altre possibili. Detti, aforismi, biografie regole monastiche, racconti che attraversano tradizioni religiose differenti - come il cristianesimo e il buddismo - e che perdurano attraverso i secoli sono vie universali verso una conoscenza che non è sapere tout court, ma sapere vivere.
Si tratta di regole valide anche fuori dal monastero, negli uffici delle aziende come in famiglia... dieci antichissime regole fondamentali rilette in chiave moderna, veri e propri cammini per mettere in pratica l'arte di vivere: per riappropriarsi del tempo e dello spazio perduti.

La regola del silenzio
Le pratiche ascetiche hanno rappresentato una vera e propria rivoluzione del silenzio. non a caso, quello del silenzio è uno dei temi cruciali del monachesimo di tradizioni religiose differenti, come il buddhismo e il cristianesimo.
la vita monastica, sia in Oriente sia in Occidente, si è da sempre sviluppata intorno ad una idea di armonia, prima ancora di spiritualità. Attraverso una disciplina foriera di ordine nuovo e soprattutto diverso dal mondo esterno, il monastero aspirava insieme a umanizzare il divino e a divinizzare l'umano: mediante le regole, le due sfere che nel mondo ordinario erano separate si avvicinavano.
e il silenzio da subito apparve come lo strumento privilegiato per unire il sacro al profano, l'uomo a Dio, il caos all'armonia.
Per i monaci vi è un solo un metodo infallibile per ottenere il silenzio, anche in presenza dei tanti rumori che sfuggono al controllo diretto del singolo: tacere.
Tacere fa silenzio, ma non è silenzio: il silenzio è molto di più.
La parola taciturno deriva dalla radice tak-, il cui significato è "essere quieto, acquietato, contento". In sanscrito, tucyati significa "soddisfare". Stando all'etimologia, quindi, il taciturno, al contrario di quello che comunemente si pensa, si trova nella pacificazione ed è contento perché le sue necessità sono state appagate: chi tace sta bene. La taciturnità è dunque una virtù, un atteggiamento positivo: indica che la persona è riuscita a risolvere le tensioni che separavano i suoi desideri dalla sua condizione reale, spingendola a creare rumore, semplice strumento del bisogno e della mancanza.
La regola del VI secolo attribuita a san Benedetto da Norcia, monaco fondatore dell'ordine cristiano più conosciuto e diffuso in tutto il mondo, quello dei benedettini, recita: “Facciamo come dice il profeta: “Ho detto custodirò le mie vie per non peccare con la lingua; ho posto un freno sulla mia bocca, non ho parlato, mi sono umiliato e ho taciuto anche sulle cose buone”.
Nei monasteri benedettini, l’importanza del silenzio è tale che persino ai discepoli perfetti bisogna concedere raramente il permesso di parlare, sia pure di argomenti buoni, santi ed edificanti, perché sta scritto: “Nelle molte parole non eviterai il peccato” e altrove: Morte e vita sono in potere nella lingua”.
Abba Poemen raccontò che:
Un fratello che viveva con altri fratelli chiese a padre Bessarione: “che cosa devo fare?” Gli rispose: “Taci e non misurare te stesso”.
Vita e detti dei Padri del deserto, Poemen, 27

Lo stesso Abba Teofilo, l’arcivescovo, un giorno si recò a Sceti.
I fratelli che si erano riuniti dissero ad Abba Pambo: “Di’ una parola al vescovo, perché ne sia edificato”.
Il vegliardo disse loro: “Se non è edificato dal mio silenzio, non avrà di che edificarsi nemmeno della mia parola”.
Vita e detti dei Padri del deserto, Teofilo, 2
Un fratello chiese ad Abba Poemen:  “È meglio parlare o tacere?” L’anziano disse: “Chi parla per amore di Dio fa bene, e chi tace per amore di Dio fa ugualmente bene”.

Vita e detti dei Padri del deserto, Poemen, 147

le altre regole quali saranno?

Le cercherò...

Al prossimo post.
Fra 79.

Cuori vicini cioè buona relazione




 Salve a tutti,

seguito a postare visto che nei giorni scorsi gli impegni mi hanno tenuto lontano dallo scrivere qualcosa. In questi giorni ho letto molto velocemente l'anteprima di 

Come vivere più felici con poco: (ri)scoprire il valore della sobrietà opera di Giulia Settimo.

Ad un certo punto l'autrice intitola una parte del libro "Cuori vicini" e ho pensato immediatamente alla relazione che si dovrebbe tenere con i bambini...
Però credo di capire che per raggiungere un tale livello, ci vuole molto lavoro su di sè e non basta essere sinceri quando si parla ai bambini. Bisogna sforzarsi di ascoltare perchè la relazione non è solo un peso da sopportare è qualcosa di prezioso da mantenere in equilibrio. Quindi a tutte le persone che conosco e che accanto hanno un partner di qualsiasi genere (anche "animali" vanno bene, perché no? anzi a volte andiamo più d'accordo con i cani e i gatti mica capisco, sarà un perché sì!) auguro una felice relazione con i compagni e le compagne.  

Cuori vicini contiene un pensiero di Gandhi:
    
Un maestro indiano chiese un giorno ai suoi discepoli: “Perché le persone gridano quando sono arrabbiate?” “Gridano perché perdono la calma” rispose uno di loro.
“Ma perché gridare, se la persona è lì vicino?” ribatté il saggio?
“Gridiamo perché desideriamo che gli altri ci ascoltino” replicò un secondo discepolo.
Il Maestro tornò a domandare: “E non possiamo parlargli a voce bassa? “.
Furono date varie risposte, ma nessuna convinse il saggio, che alla fine disse:” Sapete perché si grida contro un'altra persona quando si è arrabbiati? Il fatto è che quando due persone sono arrabbiate i loro cuori si allontanano molto. Per coprire questa distanza e potersi ascoltare, bisogna gridare. Quanto più sono arrabbiate, tanto più forte dovranno gridare per sentirsi. D’altra parte, che succede quando due persone sono innamorate? Non gridano, ma parlano dolcemente. E perché? Perché i loro cuori sono molto vicini, la distanza tra loro è molto piccola. A volte i loro cuori sono talmente vicini, che neppure parlano, sussurrano solo. E quando l’amore è più intenso non è necessario nemmeno sussurrare, basta guardarsi. I cuori si intendono.  È questo che accade quando due persone si amano”.
E concluse dicendo: “Quando discutete, non lasciate che i vostri cuori si allontanino, non dite parole che li possano distanziare oltre, perché arriverà il giorno in cui la distanza sarà tale che non incontreranno mai più la strada del ritorno”.

Gandhi grazie!

Fra 79.

Aiutarsi, collaborare fare gruppo!


Ciao a tutti! 

Oggi ho ricevuto un grandissimo complimento! La collega mi ha detto che sono impagabile...
E io stavo un pò in difficoltà... le ho detto che sono pagabile a... caffé! E mi hanno detto che me lo avrebbero offerto.. solo che nel finire di sistemare ho dimenticato di prenderlo... Va bene sono molto felice e posso dire la stessa frase di Itachi Uchiha: "Sarà per la prossima volta"! Certo Itachi è il ninja che preferisco quello che alle richieste del fratello minore per tantissimo tempo risponde:

Itachi: Perdonami Sasuke, sarà per la prossima volta.
   

 Veramente un personaggio speciale che ha una storia molto complessa intriga il fatto che in punto di morte sembra averti dato la risposta e poi scopri che nascondeva i segreti....   


Itachi: Perdonami Sasuke, non ci sarà una prossima volta. 


Mi piace perchè ama il suo villaggio e lo protegge 

Inserisco una parte della sua storia... poi chi vuole ricerca Naruto da solo.

Itachi conobbe la guerra all'eta di 4 anni, questa esperienza lo segnò molto e fece di lui un ninja molto attaccato alla pace e al bene del Villaggio. I consiglieri se ne accorsero subito e lo designarono come spia del Consiglio del Villaggio all'interno del Clan Uchiha. Quest'ultimo, in base ad un piano di Fugaku, il padre di Sasuke e Itachi, stava preparando un complotto per distruggere la Foglia. Inoltre i membri del Clan avevano a loro volta designato Itachi spia all'interno del Villaggio; Itachi doveva fare quindi una scelta: tradire il Villaggio e restare fedele al clan, fatto che avrebbe significato l'attuazione del colpo di stato degli Uchiha ed un probabile scoppio di una quarta guerra mondiale dei ninja (in pratica molti innocenti sarebbero morti in seguito al desiderio di potere degli Uchiha), oppure restare fedele al Villaggio, il che significava assicurare stabilità al Paese del Fuoco ed evitare lo scoppio della guerra. Itachi restò fedele al Villaggio ma in cambio dovette pagare un prezzo molto alto: lo sterminio del suo clan.
Il Terzo Hokage era contrario ad una così drastica misura, proposta probabilmente dai suoi tre consiglieri, ma alla fine dovette cedere. Itachi, per sterminare il clan, chiese aiuto a Madara Uchiha: non è ancora ben chiaro il rapporto che ci fu tra Itachi e Madara prima dello sterminio del clan.

Itachi però fallì: egli infatti lasciò in vita un membro del clan, quello a cui voleva più bene: il fratello Sasuke. Itachi pregò il Terzo Hokage di proteggere Sasuke dai tre consiglieri, che probabilmente volevano ucciderlo, e alla fine scappò dal villaggio nelle vesti di criminale, tutto per il bene del Paese del Fuoco. Dopo la morte del Terzo Hokage, colui che si era preso l'impegno di proteggere Sasuke, ritornò al Villaggio con Kisame per verificare che i consiglieri e Danzo non avessero intenzione di uccidere il suo fratellino. E poi protesse ancora suo fratello eliminando da lui il Segno Maledetto e uccedendo Orochimaru. Tutto perfettamente calcolato.
Dopo queste rivelazioni, Sasuke scoppia in un pianto e capisce di avere eliminato l'unico che aveva veramente a cuore la sua vita. Queste emozioni fanno in modo che si risvegli in lui lo Sharingan Ipnotico e, nonostante ne abbia la possibilità, rinuncia ad impiantarsi gli occhi di Itachi, dicendo che, mentre gli occhi di suo fratello volevano vedere la prosperità del Villaggio della Foglia, i suoi ne vogliono la distruzione, in quanto l'amore per Konoha è stata l'origine di tutte le sofferenze di Itachi.

Itachi ha sopportato un peso enorme...  

Sopportare qualcuno invece è diverso? 

Sarebbe a dire: litigare e discutere animatamente lega le persone o le separa? 

Da un pò mi chiedo se le cose che infastidiscono di un altro sono affrontabili al meglio.
Dobbiamo allenarci a lungo per reagire alla situazione inevitabile di conoscere o frequentare le persone che agiscono in modo molesto? Si può imparare a lavorare con i rompiscatole? vivere con persone spiacevoli sappiamo tutti che a volte, è una impresa, no?

Come si fa? 

(Catechisticamente parlando) bisogna fare una opera di misericordia spirituale...

Le sette opere di misericordia spirituale sono:
  1. Consigliare i dubbiosi.
  2. Insegnare agli ignoranti.
  3. Ammonire i peccatori.
  4. Consolare gli afflitti.
  5. Perdonare le offese.
  6. Sopportare pazientemente le persone moleste.
  7. Pregare Dio per i vivi e per i morti. 

Oppure bisogna usare un trucco segreto?

Questo magari sarà argomento di un prossimo post!

Fra 79.






venerdì 24 giugno 2016

Goldrake in biblioteca....

Salve a tutti,

siamo occupatissimi a scuola con il riordino aule.
Ma stamattina ho aiutato la collega a sistemare i libri in biblioteca...
e miticamente ho trovato un libro storia su Goldrake è lo stesso che mio cugino aveva trovato su Ebay. Bè sono stata molto felice di aprirlo...

Bando ai sentimentalismi oggi parliamo dei responsabili di plesso! Nella scuola dove sono attualmente i fiduciari sono tre. Quando il dirigente mi ha detto il numero ho associato la cosa alla serie sudcoreana Secret Garden dove nel primo episodio si parlava dei tre disastri... (poverini dopo il faticoso lavoro che ho visto che fanno ora mi pento di questo legame! sì un pensiero veramente poco intelligente...)
ah spiego meglio:   la protagonista Gil La-im, interpretata da Ha Ji-won.Trent'anni, è una stuntwoman povera e umile, coraggiosa e leale va a prendere un caffè nel locale dove lavora la sua amica Im Ah-young, interpretata da Yoo In-naAmica e convivente di La-im, lavora nel principale negozio della catena di cui è proprietario Joo-won che si innamora di Gil La-Im. Ad un certo punto una ricca ereditiera si lamenta della condizione sociale di Gil La-im prendendosela con chi l'ha fatta passare non controllando la carta d'identità! "questo non è un posto riservato ai VIP che spendono oltre 100 milioni di won?" e chiede con insistenza le generalità di Im Ah-young ad un certo punto le stacca la targhetta del nome e si dirige a farla licenziare... Gil La-Im sta per partire a fermarla ma l'amica la blocca e le chiede dove sta andando... "Andremo incontro ai tre disastri qui" (intende la Grande carestia cinese tra il 1959-1961!) E poi continua: "Disastri burocratici, calamità e gossip. Una sfortuna totale". comunque potere dei film evitano il licenziamento grazie al recupero acrobatico della borsa della perfida ricca snob rubata da un ladro... 

ecco qualche altro dettaglio su Tre anni di disastri naturali in cinese tradizionale e semplificato si scrive così: (三年自然災害三年自然灾害Sān nián zì rán zāi hài), o la Grande carestia cinese, periodo storico del grande balzo in avanti della Repubblica popolare cinese avviato da Mao. 

ecco questo mi fa venire in mente un'altra cosa... oggi uno dei fiduciari parlava della strada sbagliata che si può prendere... per cui vi invito a leggere un articolo dal mitico sito "studiare (da) Giapponese"  

Parole forti! – Hanmenkyoushi

Hanmen-kyoushi
反面教師
HANMENKYOUSHI
(lett. “insegnante opposto”) – Da 反面 hanmen, l’opposto (il lato/la facciata opposta), e da 教師 kyoushi, insegnante. Ma forse faremmo meglio a leggere questi kanji a la cinese, ovvero fǎn miàn jiào shī …e scommetto che il perché vi stupirà parecchio!
Il fatto è che questa parola è stata coniata da Mao Zedong (nome che in Occidente è spesso trascritto come Mao Tse Tung e in Giappone è letto a la giapponese: mou takutou). Il famoso leader del partito comunista cinese, oltre a milioni di morti ci ha lasciato anche qualche perla di saggezza (in italiano si parla spesso de “l’altra metà del cielo” per indicare le donne… altra espressione di Mao).
Ad ogni modo si riferisce a un “cattivo esempio” (termine che esiste anche in giapponese: 悪例 akurei), ma è in effetti appena un po’ più complesso. Indica infatti un fatto, o comportamento, negativo o anche la persona stessa che agisce e si comporta male; qualcosa o qualcuno che quindi non andrebbe imitato, ma che può fungere da perfetto esempio e ammonimento di ciò che non va fatto. Si deve quindi riflettere e imparare da quel fatto o da quella persona, facendo poi l’opposto.
Vediamo ora come si usa davvero la parola hanmen-kyoushi inserendola in qualche esempio.
田中さんほど親切な反面教師はいない。
Tanaka-san hodo shinsetsu na hanmen-kyoushi wa inai.
Non c’è un cattivo maestro più disponibile di Tanaka
NB In effetti shinsetsu significa cortese, gentile, ma ho reso con disponibile perché l’idea è che Tanaka si comporta spesso male e da così tanti esempi di ciò che non va fatto… Dato che il fatto che qualcuno ci ricordi così spesso come non ci si deve comportare è un bene per noi, Tanaka viene definito, sarcasticamente, “gentile”.
僕はそれを反面教師にしたいと思います。
boku wa sore wo hanmen.kyoushi ni shitai to omoimasu.
Voglio prenderlo come esempio da non imitare.
反面教師からも、たくさんのことを学ぶことができる。
hanmen-kyoushi kara mo, takusan no koto wo manabu koto ga dekiru.
Anche da un cattivo maestro c’è molto da imparare (lett.: possiamo imparare molte cose)
良い教師をたくさん作るより、反面教師をたくさん作った方がいい。
ii kyoushi wo takusan tsukur yori, hanmen-kyoushi wo takusan tsukutta hou ga ii.
Piuttosto che trovare tanti validi maestri, è meglio trovarsi tanti cattivi maestri.
絶対こんなやつにはなりたくない。っていうのが自分の本当にやりたいことは見つけやすいと思う。
zettai konna yatsu ni wa naritakunai. tte iu no ga jibun no hontou ni yaritai koto wa mitsukeyasui to omou.
Solo per chi dice “non voglio diventare un tipo del genere” è facile trovare ciò che si vuole fare davvero (nella vita).
E voi? Siete buoni o cattivi maestri? Ne avete conosciuti abbastanza da diventare maestri – buoni o cattivi – a vostra volta?

un saluto a tutti, penso che vado a letto perchè domani "esco" in gita con gli amici!

mercoledì 22 giugno 2016



    Ciao a tutti,
     ho pescato sempre dal sito Dondake un articolo sul Jujitsu! 
    Il Jujitsu è l’arte marziale giapponese più antica e comprende tecniche di combattimento a mani nude, molte delle quali sono entrate a far parte del bagaglio tecnico del Judo e dell’Aikido.
    In tutta la storia delle arti marziali giapponesi le tecniche di combattimento sono state tramandate esclusivamente per via orale, molto rari sono i documenti scritti. Il motivo era dato dalla necessità di mantenere la segretezza dell’arte, il maestro, infatti, rivelava solo a pochi allievi prescelti le sue conoscenze.
    In più nelle scuole, il patto stipulato fra allievi prescelti (detti interni) e il maestro era un patto di sangue, gli allievi infatti venivano affiliati al clan del maestro, esattamente come avveniva tra il samurai e il suo signore. Per tutti questi motivi l’origine del Jujitsu rimane in gran parte oscura. A differenza di altre arti marziali, non ha un fondatore certo: la leggenda narra che il suo mitico inventore rimase colpito dal modo in cui un salice, piegandosi fino al suolo, si liberasse con un solo colpo della neve che lo opprimeva. Non è un caso se la parola Ju di Jujitsu significa “cedevolezza”, “flessibilità”, per cui Jujitsu significa “arte della cedevolezza”, motivo per cui è stata anche ribattezzata “la dolce arte”.
    Il Jujitsu trae le sue origini dall’antica lotta giapponese disarmata. In una cronaca giapponese del 720 d.C. troviamo, per la prima volta, la notizia di un incontro di Chikara Kurabe, le antiche prove di forza da cui deriverebbero sia il Sumo che il Jujitsu. A partire dal XVI secolo l’arte tradizionale della lotta subì l’influenza delle tecniche del Kung Fu cinese. Si narra ke il cinese Chen Yan Pin, nel XVI secolo, nella prefettura di Aichi, insegnasse a 3 ronin i segreti delle scuole di Kung Fu, grazie a qst ronin sarebbero poi nate le scuole di Jujitsu in Giappone. Fra le scuole più antiche e famose ricordiamo la Tenjin Shinyo, la Takenouchi, il Kito ryu, il Sekiguchi ryu e lo Yoshin ryu.
    La scuola Tenjin era specializzata in tecniche di percussione tipiche degli stili di Kung Fu, grazie soprattutto alle conoscenze del suo fondatore Yoshitoki che si recò in Cina a studiare questa arte marziale. Inoltre questa scuola era organizzata come una tradizionale scuola cinese: oltre alle tecniche di percussione insegnava anche tecniche di strangolamento e immobilizzazione, nozioni di anatomia, di primo soccorso e di medicina. In Cina, nelle scuole di Kung Fu, il maestro-padre (Sifu) era sia un maestro di arti marziali che un medico.
    Bè a me queste cose interessano.
    Saluti e alla prossima
    Fra 79!

    I giapponesi poveri

     Dalla crisi economica iniziata con il grande crack dei primi anni ’90, il Giappone non è mai riuscito veramente a riprendersi e con il recente peggioramento della situazione le condizioni si sono fatte ben peggiori dei quanto previsto per più della metà della popolazione.
    Il paese si è sempre tirato fuori dai discorsi sulla povertà, guardando anzi con una certa arroganza verso paesi come l’America che combattono da sempre per arginare il problema della soglia di indigenza. Tuttavia fu inevitabile, nell’ottobre 2007, che la dieta annunciasse per la prima volta che 20 milioni di giapponesi vivevano sotto la (stabilita per l’occasione) soglia di povertà.
    Un vero shock per la popolazione, che dovette confrontarsi con una percentuale del 16%.di “nuovi poveri”, dato insidiosamente vicino a quello americano (17%).
    Il governo giapponese si vide costretto ad affrontare il problema apertamente, benchè risultò evidente che fosse già ben noto. Secondo le analisi prodotte, la povertà è peggiorata con il crollo del mercato immobiliare, fissando il reddito minimo per una famiglia di 4 persone a 22,000yen all’anno.
    Come Masami Iwata, professore all’università femminile di Tokyo, ha sottolineato:” essere poveri in un paese ricco non significa vivere per strada o morire di fame, significa dover rinunciare ai servizi secondari e isolarsi dal resto della società. Si tratta di persone comunque in possesso di auto e cellulari”.
     Il vero problema è che la società giapponese e ancor peggio il governo non si è mai preparato per arginare un problema che sembrava non sarebbe mai esistito in Giappone. Per questo una volta perso lavoro e casa, risulta quasi impossibile trovare aiuto e sostegno dagli enti statali. A peggiorare la situazione c’è il profondo senso di orgoglio e dignità che identifica l’individuo giapponese, che comporta convogliare tutte le proprie energie per mascherare la povertà mantenendo una facciata “middle class”, impedendo così circuiti di mutuo sostegno.
     “ Stiamo creando una cronica classe povera di cui non sarà facile liberarsi. Il sistema scolastico impone ritmi e livelli molto rigidi, difficilmente raggiungibili senza corsi aggiuntivi e ripetizioni. Lo studente povero non avrà accesso a determinati percorsi e rischia di rimanere intrappolato in assunzioni a breve termine e lavori sotto pagati, impedendo un riscatto sociale” ha commentato Toshihiku Kudo, portavoce del gruppo no-profit Ashinaga che sostiene i bambini disagiati nell’area di Tokyo.
    Esemplare l’intervista del Tokyo Times fatta a una vedova 51enne, Satomi Sato, madre e “nuova povera”: “ Dopo la morte di mio marito, sapevo che non sarebbe stato facile, ma con i miei due lavori non riesco a pagarmi nemmeno le spese per le medicine. Mia figlia ha dovuto iscriversi al liceo e per permettermi la divisa e la tassa d’iscrizione ho dovuto ridurre a due i pasti quotidiani.”
    Alla domanda se non si sentisse isolata e se, come le statistiche hanno dimostrato, altri intorno a lei fossero nella sua condizione: “Si, mi senso molto sola, ma preferisco non pensarci. So che in paese molti sono come me, ma lo nascondono, impedendomi di riconoscerli ed avvicinarli. Il mio cruccio più grande è di non poter permettere per mia figlia la scuola che desidera. Ho paura per il suo futuro ” dice sorridendo.

    A presto...
    Fra 79.

    lunedì 20 giugno 2016

    toumei datta sekai



    Oggi pensavo all'espressione giapponese mirai perchè si sente spesso nelle sigle.  未 MI significa "non ancora" mentre 来 RAI significa "prossimo", "venire", "causa", "diventare". Questa scrittura 未 来 significa "futuro" (Mirai). Sicuramente possiamo interpretare il significato come "il futuro che deve ancora arrivare".



    Traduzione settima sigla opening di naruto shippuden in italiano:
    Cos'è che ho perso realmente quel giorno?
    L'ho dimenticato tanto tempo fa
    Siamo svaniti al tramonto, un pezzetto alla volta, ma siamo ancora qui incapaci di andarcene.
    Ora, da qualche parte, si nasconde un' anima fragile sotto una maschera di fiere parole...
    una maschera di fiere parole
    Ti dico addio, perché anche quando non potremo più vederci ci aspetteranno nuove avventure, correrò perfino in un mondo dove non ci sei tu, superando il dolore,
    frammenti di vetro rotti, il profumo dell'erba e le ferite dell'estate.
    Ehi, dove sei ora? Inosservata l'acqua è diventata opaca e fangosa, quando ti sei reso conto che anch'io ero cresciuto.
    La superficie dell'acqua oscilla diffondendo il mio riflesso, ancora una luce splende, una luce splende... Ti dico addio, chiedendomi come sei cambiato dall'ultima volta, ma ancora vivo superando le molte notti soffocando le lacrime.
    Cos'è che ho realmente perso quel giorno?
    Ti dico addio, perché anche quando non potremo più vederci ci aspetteranno nuove avventure in un mondo immaginato da me correrò superando il futuro che ho visto

    domenica 19 giugno 2016

    Kotowaza


    Proverbi giapponesi

    ciao a tutti,
    stamattina ho votato ora mangio e poi esco un pò.
    Ieri non ho per niente visto Cleopatra... e comunque ho veramente postato un poema.
    Quindi oggi sarò breve:

    人のふり見て我がふり直せ
    Hito no furi mite waga furi naose
    Guarda gli errori degli altri e correggi i tuoi.

    Questo proverbio sta a significare che si deve imparare dagli errori degli altri. 

    Allora vi auguro una buona domenica!

    A presto
    Fra 79.

    sabato 18 giugno 2016

    Stasera in tv


    Ciao a tutti,
    cosa fate stasera vedete la partita dell'Italia?
    Io ho altri programmi... sicuramente uno di questi....


    1. Looking for Kadija in onda sabato 18 giugno alle 21:30 su Rai Storia
    2. Brexit: Romano Prodi ospite di Andrea Sarubbi a Today sabato 18 giugno alle 23.30 e in replica domenica 19 giugno alle 9.40 su Tv2000!
    3. Cleopatra: FILM (Storico) - Un film di Joseph L. Mankiewicz. Con Elizabeth Taylor, Richard Burton, Rex Harrison. sabato 18 giugno alle 15:15 su La7
    4. L'Ispettore Barnaby:TELEFILM (Poliziesco) - La morte arriva su un auto d'epoca sabato 18 giugno alle 21:10 su La7


    Penso che vedrò Cleopatra!!!


    Risultati immagini per looking for kadija rai storia



    Alla nona edizione del Festival di Roma, è stato presentato per la sezione Prospettive Italia "Looking for Kadija". A firmarlo è Francesco G. Raganato, regista 36enne pugliese che ha all'attivo una cospicua produzione di documentari per lo più a destinazione televisiva, tra i quali fa spicco l'instant movie Tsunami Tour, dedicato alla campagna elettorale di Grillo per le elezioni politiche della primavera 2013. Looking for Kadija non poteva che incuriosirci per almeno due motivi: 1) la scelta di girare un film in un paese come l'Eritrea, considerato da Human Rights Watch e da Amnesty International come uno dei regimi più oppressivi e lesivi dei diritti umani su scala mondiale, nonché paese d'origine di uno dei flussi più continui di richiedenti asilo diretti in Europa; 2) la scelta di assumere come pretesto narrativo uno snodo significativo nella saga di quello che viene considerato una specie di leggenda dalla memorialistica coloniale italiana e non solo, il tenente Amedeo Guillet, vale a dire la sua relazione di madamato con Kadija, figlia di un capovillaggio musulmano. 
    Il film si srotola apparentemente come una sorta di diario filmato del casting di un film di finzione, da girarsi appunto in Eritrea da parte di una piccola troupe italiana, i cui membri si palleggiano la guida Lonely Planet di Etiopia ed Eritrea e la biografia di Vittorio Dan Segre. Si parte dalla capitale Asmara e dalla prima sessione, presso il cinema Dante. A condurre la spedizione è un direttore di produzione locale, Franco Sardella, che funge da guida, organizzatore e mediatore fra i cineasti italiani e le maestranze e soprattutto le aspiranti attrici locali. Il viaggio prosegue poi per toccare Asmara, Adaga (il villaggio natale del padre di Kadija), Massaua, Cheren, Cheru e di nuovo Asmara. La piccola troupe sembra concentrata esclusivamente sui colloqui con le attrici, concedendosi solo tre digressioni: la prima è la ricerca di una massa di cinque-seicento cammelli con relativi cammellieri, in grado di ricostruire la battaglia di Agordat (20 gennaio 1941); la seconda è la realizzazione artigianale di un carrello per la scena finale del film, quella dell'addio tra Amedeo e Kadija, da girarsi in un bar di Asmara; la terza è un prolungato sopralluogo nell'ex-consolato italiano di Asmara, dall'architettura moresca cadente e in via di restauro, acquistato da un affarista nostalgico degli italiani, che sono venuti non per conquistare o colonizzare ma per rimanere e hanno lasciato ai locali persino la ricetta per l'anice. Lo sguardo del regista oscilla tra il reportage televisivo di inchiesta e il making of. Nell'impaginare la confezione formale si bada perlopiù all'efficacia e a una pulizia formale di base, ma si distaccano da questo regime mostrativo basico due serie di riprese: da una parte quelle on the road, girate lungo il tragitto da una città all'altra, giocano la carta di un esotismo oleografico, d'impatto ma piuttosto facile; dall'altra, e più insistentemente, una serie di immagini perlopiù fisse o veri e propri tableaux vivants che isolano facciate di palazzi (come il Cinema Impero, il Cinema Roma e l'edificio Fiat Tagliero di Asmara) e vetrine di negozi come a documentare le tracce del passato coloniale italiano, usandoli spesso come sfondo sul quale incastonare i corpi delle aspiranti interpreti di Kadija. Nell'un caso come nell'altro, la colonna sonora mescola temi originali, vagamente orientalistici, a brani di pop e afrojazz locale. Intorno a questo film nel film che racconta la più grande storia d'amore ed eroismo della seconda guerra mondiale come viene definita nella campagna di lancio del casting, c'è tutto un microcosmo sociale che si muove ma Raganato e i suoi preferiscono lasciarlo perlopiù fuoricampo. Un unico cartello informa il pubblico a inizio film che l'Eritrea è un paese isolato dal resto del mondo da vent'anni di dittatura militare . Da un'altra circostanza intuiamo che nel paese l'approvvigionamento del carburante è piuttosto difficoltoso. A dirci qualcosa in più, sia pure a mezza voce e per allusioni sono solo le attrici provinate nei casting, alcune delle quali già attive nella produzione di film locali, ragazze dai sorrisi orgogliosi, che ostentano una sicurezza incerta e che si chiamano Winta, Rita, Yordanos, Meron. Alcune di loro confessano di essere passate per il servizio militare obbligatorio, altre di esserne state esentate, una dice di essere addirittura scappata dal centro di Sawa, una di avervi trovato una scuola di vita (ci vuole poco a capire che è un'attivista del regime, e infatti si dice affiliata all'Hamadee, l'organizzazione che irreggimenta le ragazze), una miss Eritrea si è già sposata praticamente con un cittadino statunitense e aspetta solo i documenti per trasferirsi ma solo perché marito e moglie devono vivere insieme, non perché ha davvero voglia di emigrare. Un'altra non ha notizie da due anni del fidanzato all'estero. Un'altra ancora ha un cugino e una sorella che aspettano di arrivare a Lampedusa. In una sequenza di passaggio vediamo delle persone consultare dei cartelli in tigrino stampati in bianco e nero con delle scritte e delle foto. Forse annunci mortuari, forse di ricerca di persone scomparse. Sono quasi tutti giovani o giovanissimi. È solo un attimo. Poi si torna alla cronaca minuta del casting che prevede il recall finale, nel quale le candidate prescelte vengono esaminate un'ultima volta e il direttore di produzione annuncia che se il finanziamento del film verrà accettato si ritroveranno tutti presto a lavorare, come una piccola famiglia. Finché il film devia imprevedibilmente verso un finale metafinzionale, nella quale l'attrice prescelta recita guardando in macchina l'ultimo monologo di Kadija, e la mdp carrella indietro sul binario che gli artigiani eritrei hanno faticosamente costruito da materiali di recupero. E allora capiamo che molto probabilmente questo fantomatico progetto di film su Guillet, inseguito per anni da Edoardo Winspeare, non si farà neanche stavolta. Tutto lascia immaginare che questa piccola armata Brancaleone, insomma, pur di portarsi a casa una vacanza e un mockumentary su sfondo esotico, abbia seminato fumo, cattive memorie coloniali e un generoso pugno di sale su ferite fin troppo sanguinanti. Ma prendetelo pure come un auspicio giacché, viste le premesse, il diario della pre-produzione ci basta e avanza. L'ultima sessione di casting, come si evince dal film, si è svolta il 10 ottobre 2013, appena una settimana dopo la terribile strage del 3 ottobre, in cui morirono 366 persone, in larghissima parte provenienti proprio dall'Eritrea. Uno della troupe a un certo punto, fregandosi le mani, osserva che per come vivono e per come tengono le case, è tutto pronto , come a dire che in oltre settant'anni di distanza dal fine del colonialismo italiano il paesaggio architettonico e umano è rimasto lo stesso. Per certi versi sarebbe quasi confortante immaginare che anche la mentalità di questi avventurieri italioti di piccolo cabotaggio sia rimasta ancorata a una visione nostalgica, magari cieca ma almeno riscaldata da quell'amore mortifero che molti hanno chiamato "mal d'Africa". E invece, probabilmente, Looking for Kadija è solo la piccola scommessa di un pensiero debolissimo, inconsapevolmemente neocoloniale: il film guarda caso arriva al pubblico del Festival di Roma col bollino di RAI Cinema poche settimane dopo quel viaggio ufficiale del viceministro degli esteri Lapo Pistelli in Corno d'Africa con tappa in Eritrea, che ha siglato l'avvio di una nuova stagione di collaborazione con Isaias Afewerki, uno dei leader più odiati dal proprio popolo. In vista, forse, un nuovo trattato di amicizia sul modello di quello Italia-Libia. A Gheddafi non portò granché fortuna. 

    Ma alla fine non è detto, uhm, chi vincerà?

    A presto e scrivetemi se c'era qualcosa di meglio da fare!

    Fra 79!


    venerdì 17 giugno 2016

    Il potere dell'uomo e il potere del robot in una sigla...




    Ciao a tutti,
    ieri ho visto che gli scienziati iniziano a pensare che il primo contatto uomo-ufo non sarà con forme di vita aliene, ma è più probabile con automi o robot macchine. In effetti se sono intelligenti quasi come noi dovrebbero avere mandato anche loro in missione nell'universo sonde spaziali e simili.
    Se sono più evoluti di noi è probabile che abbiamo di meglio da fare che girare con le astronavi e venire a trovarci. Peccato ho sempre sperato nell'arrivo di Goldrake. In attesa di cosa verrà, consoliamoci con Jeeg Robot serie robotica anni Ottanta famosissima in cui il protagonista affronta una civiltà che risorge dagli abissi della Terra...
    Hiroshi Shiba è il figlio di uno scienziato-archeologo, studioso del popolo Yamatai che rivela al figlio di potersi trasformare in un robot destinato a difendere l'umanità dai perfidi mostri Haniwa:
       
    "Poco prima che tu nascessi" gli racconta "stavo facendo una serie di ricerche antropologiche sul monte Kuji; un giorno scoprii per caso una campana di bronzo. 
    Decifrate le antichissime iscrizioni che la adornavano seppi che è esistito un popolo avanzatissimo tecnologicamente, ma la scienza non era usata per rendere la vita più facile a tutti bensì per la sopraffazione dell'uomo sull'uomo. Era il regno Yamatai, governato dalla perfida regina Himika. Quella civiltà non si è estinta, si è ibernata nella roccia, e un giorno sarebbe tornata per riconquistare il mondo. Ho accennato la mia scoperta ad altri scienziati, ma nessuno mi ha voluto credere. Così decisi di costruire questa base anti-atomica per portarci i miei laboratori, ma neppure qui siamo al sicuro dai poteri di Himika; c'è solo una cosa in grado di fermarla, Jeeg il robot d'acciaio: Hiroshi, sei tu Jeeg il robot d'acciaio! Quando avevi appena 3 giorni di vita, tentai un esperimento su di te. Ci fu un'eplosione, sei stato per una settimana tra la vita e la morte, ma alla fine ce l'hai fatta, ora sei invulnerabile. Non puoi trasformarti in Jeeg da solo, hai bisogno dell'aiuto di Miwa. Himika non è un nemico da prendere alla leggera, è molto potente, è lei che mi ha fatto uccidere. Hiroshi, giura che proteggerai il genere umano con tutte le tue forze. Dovrai superare mille pericoli, Himika risveglierà gli antichi mostri Haniwa...".



    le due trasformazioni di Hiroshi...

    Traduzione sigla giapponese Kotetsu Jeeg in italiano:

    Ore ga yametara banbaban
    Se io smettessi di farlo banbaban
    Dare ga yaru no ka banbaban
    chi lo farebbe banbaban
    Ima ni mite iro HANIWA genjin zenmetsu da
    guardami che anniento gli Haniwa Genjin
    Hashire banbanbaban
    corri banbanbaban
    Hashire banbanbaban
    corri banbanbaban
    Biggu Shuutaa kaze yori hayai
    Il Big Shooter è più veloce del vento
    BIRUDO APPU banbanbanban
    Build up banbanbanban
    BIRUDO APPU banbanbanban
    Build up banbanbanban
    Ude ga tobidasu babanban
    il braccio vola via
    Ashi ga tobidasu babanban
    la gamba vola via
    Jishaku no iryokuda kotetsu JIIGU
    è la potenza magnetica di Jeeg d'acciaio
    Oyagi mite kure BANBABAN
     papà guardami BANBABAN
    ore wa yaru noda Banbaban
    perchè lo sto facendo banbaban
    aku o kagiri no himika no ichizoku zenmetsuda
    Alla fine è l'annientamento del clan Himika
    yuku zo BANBANBABAN
    Vai! BANBANBABAN
    yuku zo BANBANBABAN
    Vai! BANBANBABAN
    nakkurubonbaa hissatsu panchi
    Knuckle Bomber pugno morte certa
    BIRUDO APPU banbanbanban
    Build up banbanbanban
    Aizu hitokoe babanban
    un urlo è il segnale babanban
    Buki ga tobidasu babanban
    le armi sono volate fuori babanban
    fujimi no Hiroshi daa kotetsu JIIGU
    è l'invincibile Hiroshi Jeeg d'acciaio
    Birudobeesu no banbanbaban
    della base Bird banbanbaban
    Mamori wa katai banbaban
    la difesa è forte banbaban
    Ima ni mite iro jama dai oukoku zenmetsuda
    guardami che anniento il grande regno Jama
    Susume banbanbaban
    vai avanti banbanbaban
     Susume banbanbaban
    vai avanti banbanbaban
    supinsutoumu himitsu no heiki
    Spin Storm, l'arma segreta
    BIRUDO APPU banbanbanban
    Build up banbanbanban
    Ude ga tobidasu babanban
    il braccio vola via
    Ashi ga tobidasu babanban
    la gamba vola via
    kagaku no chikara da koutetsu JIIGU
    è il potere della scienza Jeeg d'acciaio

    Se pensi che Jeeg è davvero grande fammelo sapere.
    A presto,
    Fra 79.

    giovedì 16 giugno 2016

    Ultimate Otaku Teacher: un insegnante con la sindrome YD!

    Ciao a tutti,
    avete mai litigato in famiglia per le vostre passioni? 
    succede solo al "nerd" Junichiro?" 


    Ecco l'inizio del secondo episodio:

    Sapete cosa significa YD? Yukata Date? (appuntamento in kimono Yukata?) 
    Yakiniku daisuki? (mi piace mangiare Yakiniku). sbagliato! Faccio soltanto ciò che voglio...
    Eccomi Kagami Junichiro!
    Fratello a partire da domani sarai insegnante....  


    Cosa succederà?   


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    La storia di Denpa Kyoushi ruota attorno a Junichiro Kagami. Alle superiori era un brillante studente, considerato da tutti un genio, tanto da far pubblicare i propri articoli sulla rivista "Nature and Science" già all'età di 17 anni ma che tuttavia dopo la laurea, perde ogni stimolo, diventando un NEET (“Not in education, employment, or training”, ossia una persona che non studia, non lavora, non si aggiorna) otaku che si interessa solo del proprio blog di manga, anime e videogiochi. La sorella Suzune, stanca di vedere il fratello gettar via la vita, decide di trovargli un lavoro presso la scuola che frequentava. Così Koyomi Hiiragi a capo dell'amministrazione scolastica lo assume come insegnante. La serie ha 24 episodi. Riuscirà Junichiro a lavorare, lui che soffre della sindrome YD?  







    Ecco la traduzione della sigla giapponese in italiano:



    Fai avverare i tuoi sogni, e afferra il futuro con le tue mani

    Dobbiamo fare solo le cose che vogliamo in questa nostra unica vita che abbiamo
    se scendi, basta un pò di coraggio a rendere le cose interessanti
    Fai sempre cose noiose, devo darti una lezione?
    Che si rompa il "Senso Comune" che ha la società
    devo cambiare l'espressione che è sempre riflessa nello specchio 
    Appena premi l'interruttore, vai ed ottieni ciò che vuoi
    se non riesci a trovare un eroe, diventalo tu!
    Queste parole hanno dato senso alla mia vita
    vado oltre ogni ostacolo
    sei tu quello che deve prendere l'ultima decisione
    ma lo sai, tu non sei solo
    seguendo le parole di una storia, diventa un eroe proprio qui e ora
    Fai avverare i tuoi sogni, e afferra il futuro con le tue mani:
    la vita ti conduce ad un'esistenza originale
    avanza di livello, fiero, e vedrai cose che non avevi mai visto prima
    sei responsabile della fase finale,
    disegnata dal tuo splendore, e da una visione leggendaria.  

    Se qualcuno di voi ha visto tutta la serie mi faccia sapere se vale la pena di vederla tutta...
    Arrivederci alla prossima volta!
    Fra79