Salve a tutti,
sabato scorso siamo stati a Subiaco a fare un giro monastico! Quindi abbiamo visto il Monastero di San Benedetto e l'Abbazia di Santa Scolastica. Foto prese dalla rete... e poi leggete sotto...
Il giorno dopo leggendo: "La felicità del meno" di Maria Chiara Giorda, Sara Hejazi trovo scritto:
"il monachesimo è una vera e
propria arte del vivere, fra le altre possibili. Detti, aforismi, biografie
regole monastiche, racconti che attraversano tradizioni religiose differenti -
come il cristianesimo e il buddismo - e che perdurano attraverso i secoli sono
vie universali verso una conoscenza che non è sapere tout court, ma sapere
vivere.
Si tratta di regole valide anche
fuori dal monastero, negli uffici delle aziende come in famiglia... dieci
antichissime regole fondamentali rilette in chiave moderna, veri e propri
cammini per mettere in pratica l'arte di vivere: per riappropriarsi del tempo e
dello spazio perduti.
La regola del silenzio
Le pratiche ascetiche hanno
rappresentato una vera e propria rivoluzione del silenzio. non a caso, quello
del silenzio è uno dei temi cruciali del monachesimo di tradizioni religiose
differenti, come il buddhismo e il cristianesimo.
la vita monastica, sia in Oriente
sia in Occidente, si è da sempre sviluppata intorno ad una idea di armonia,
prima ancora di spiritualità. Attraverso una disciplina foriera di ordine nuovo
e soprattutto diverso dal mondo esterno, il monastero aspirava insieme a
umanizzare il divino e a divinizzare l'umano: mediante le regole, le due sfere
che nel mondo ordinario erano separate si avvicinavano.
e il silenzio da subito apparve
come lo strumento privilegiato per unire il sacro al profano, l'uomo a Dio, il
caos all'armonia.
Per i monaci vi è un solo un
metodo infallibile per ottenere il silenzio, anche in presenza dei tanti rumori
che sfuggono al controllo diretto del singolo: tacere.
Tacere fa silenzio, ma non è
silenzio: il silenzio è molto di più.
La parola taciturno deriva dalla
radice tak-, il cui significato è "essere quieto, acquietato,
contento". In sanscrito, tucyati significa "soddisfare". Stando
all'etimologia, quindi, il taciturno, al contrario di quello che comunemente si
pensa, si trova nella pacificazione ed è contento perché le sue necessità sono
state appagate: chi tace sta bene. La taciturnità è dunque una virtù, un
atteggiamento positivo: indica che la persona è riuscita a risolvere le
tensioni che separavano i suoi desideri dalla sua condizione reale, spingendola
a creare rumore, semplice strumento del bisogno e della mancanza.
La regola del VI secolo
attribuita a san Benedetto da Norcia, monaco fondatore dell'ordine cristiano
più conosciuto e diffuso in tutto il mondo, quello dei benedettini, recita: “Facciamo
come dice il profeta: “Ho detto custodirò le mie vie per non peccare con la
lingua; ho posto un freno sulla mia bocca, non ho parlato, mi sono umiliato e
ho taciuto anche sulle cose buone”.
Nei monasteri benedettini, l’importanza
del silenzio è tale che persino ai discepoli perfetti bisogna concedere
raramente il permesso di parlare, sia pure di argomenti buoni, santi ed
edificanti, perché sta scritto: “Nelle molte parole non eviterai il peccato” e
altrove: Morte e vita sono in potere nella lingua”.
Abba Poemen raccontò che:
Un fratello che viveva con altri
fratelli chiese a padre Bessarione: “che cosa devo fare?” Gli rispose: “Taci e
non misurare te stesso”.
Vita e detti dei Padri del
deserto, Poemen, 27
Lo stesso Abba Teofilo, l’arcivescovo,
un giorno si recò a Sceti.
I fratelli che si erano riuniti
dissero ad Abba Pambo: “Di’ una parola al vescovo, perché ne sia edificato”.
Il vegliardo disse loro: “Se non
è edificato dal mio silenzio, non avrà di che edificarsi nemmeno della mia parola”.
Vita e detti dei Padri del
deserto, Teofilo, 2
Un fratello chiese ad Abba
Poemen: “È meglio parlare o tacere?” L’anziano
disse: “Chi parla per amore di Dio fa bene, e chi tace per amore di Dio fa
ugualmente bene”.
Vita e detti dei Padri del
deserto, Poemen, 147
le altre regole quali saranno?
Le cercherò...
Al prossimo post.
Fra 79.