domenica 3 luglio 2016

Copiare la ricetta della mensa della scuola... ma in Italia si può?


Mense scolastiche: cosa possiamo imparare dai giapponesi


Ottima quella zuppa, posso avere la ricetta? Domanda banale. Che diventa meno banale se a farla è la madre di uno studente e a riceverla la mensa scolastica. Eh già, il pasto a scuola è così buono e decantato una volta tornati nella cucina domestica da spingere a replicare la ricetta a casa.
Non è uno scherzo. A leggere il Washington Post accade veramente. Non certo però nelle scuole americane, colme di macchinette sputa-junk food, dove la paladina della rivoluzione alimentare per le nuove generazioni (una sempre più tosta First Lady) fatica a far passare il verbo della qualità.

Giappone1
Le super-mense scolastiche di cui parla il giornale americano sono infatti in Giappone, paese che ha praticamente eliminato l'obesità infantile e offre ai propri studenti pasti freschi  (niente surgelati!), ricchi di verdure, riso, zuppe e pesce. Più o meno gli stessi piatti negli ultimi tre decenni. Gli studenti, in particolare quelli delle scuole primarie, mangiano in classe, non in mensa e sono serviti a turno dai compagni. Molto malvisto chi lascia qualcosa nel piatto. Chi ha questa brutta abitudine viene seguito da un nutrizionista messo a disposizione della scuola. Fantascienza?

sabato 2 luglio 2016

Estate tempo di nozze!

Ciao a tutti,

siamo a luglio, finalmente posso cantare vittoria, posso intonare "oggi è sabato domani non si va a scuola" di Pino Daniele e aggiungere "Vacanze romane" dei Matia Bazar! 

Naturalmente è una vittoria a metà! Infatti devo ancora sistemare dei vestiti, dei libri, forse i manga. Sono indecisa se scrivere un piano di studio settimanale... perchè temo che i miei planning scritti rimangano solo scritti... come  ho già verificato non ho l'acting del sistema di qualità Toyota... con la spazzatura e la pulizia della camera a volte fallisco... 

Bè siamo tutti a bordo della stessa barca... anche le colleghe hanno le loro pene con i bucati e devono conciliare le loro attività con la preparazione dei pasti familiari... solo per dirne due.

La notizia buona invece è che l'altro giorno ho incontrato al bar la mamma di un mio compagno delle scuole elementari. A fine mese il mio amico si sposerà... e anche la figlia di una mia collega prenderà marito... Stamattina fantasticavo pensando che magari il matrimonio viene fatto nello stesso giorno. Ho pensato di dedicare loro la sigla di Kimi ni Todoke seconda stagione.

君に届け Kimi ni todoke significa "Arrivare a te" è disegnato da Karuho Shiina nel 2008 ha vinto il premio come miglior shōjo manga alla 32ª edizione del Premio Kodansha
La storia narra le vicende di una ragazza di nome Sawako. A causa della somiglianza con Sadako personaggio di un film horror la ragazza è evitata da tutti i compagni di scuola. (circolano voci che Sawako possa vedere i fantasmi e si dice che le persone che la guardano negli occhi per più di tre secondi siano maledette!) Sawako (tradotto: "dolce bambina") è una ragazza molta timida e sensibile, e benché venga ignorata da tutti, se non insultata, lei continua e tentare a farsi degli amici però senza successo. Quando Kazehaya, un ragazzo molto popolare e amato da tutti, comincia a parlare con lei, tutto inizia a cambiare: Sawako si ritrova in un mondo diverso, inizia a parlare con persone nuove che fino ad allora la vedevano solo come "Sadako". Lentamente, ma inesorabilmente, un dolce amore tra i due inizia a nascere. 

Quindi suppongo che nella seconda stagione i due abbiano l'happy end... bè spero....





Quando sfoglio le pagine bianche,
esce fuori un caleidoscopio di paesaggi colorati,
Se ci faccio caso la storia non era ancora finita,
non si può fermare è appena iniziata
Faccio un altro respiro profondo
ah il vento mi avvolge e mi spinge in avanti.
Ho afferrato la tua calda soffice mano 
sperando di raggiungere il tuo cuore.
Se tu sorridi e stringi la mia mano
io guarderò semplicemente il futuro.
       
Bene buona giornata a tutti 

Fra 79!

martedì 28 giugno 2016

Aspettando San Pietro e San Paolo

Salve a tutti,
sabato scorso siamo stati a Subiaco a fare un giro monastico! Quindi abbiamo visto il Monastero di San Benedetto e l'Abbazia di Santa Scolastica. Foto prese dalla rete... e poi leggete sotto...







Il giorno dopo leggendo: "La felicità del meno" di Maria Chiara Giorda, Sara Hejazi trovo scritto:


"il monachesimo è una vera e propria arte del vivere, fra le altre possibili. Detti, aforismi, biografie regole monastiche, racconti che attraversano tradizioni religiose differenti - come il cristianesimo e il buddismo - e che perdurano attraverso i secoli sono vie universali verso una conoscenza che non è sapere tout court, ma sapere vivere.
Si tratta di regole valide anche fuori dal monastero, negli uffici delle aziende come in famiglia... dieci antichissime regole fondamentali rilette in chiave moderna, veri e propri cammini per mettere in pratica l'arte di vivere: per riappropriarsi del tempo e dello spazio perduti.

La regola del silenzio
Le pratiche ascetiche hanno rappresentato una vera e propria rivoluzione del silenzio. non a caso, quello del silenzio è uno dei temi cruciali del monachesimo di tradizioni religiose differenti, come il buddhismo e il cristianesimo.
la vita monastica, sia in Oriente sia in Occidente, si è da sempre sviluppata intorno ad una idea di armonia, prima ancora di spiritualità. Attraverso una disciplina foriera di ordine nuovo e soprattutto diverso dal mondo esterno, il monastero aspirava insieme a umanizzare il divino e a divinizzare l'umano: mediante le regole, le due sfere che nel mondo ordinario erano separate si avvicinavano.
e il silenzio da subito apparve come lo strumento privilegiato per unire il sacro al profano, l'uomo a Dio, il caos all'armonia.
Per i monaci vi è un solo un metodo infallibile per ottenere il silenzio, anche in presenza dei tanti rumori che sfuggono al controllo diretto del singolo: tacere.
Tacere fa silenzio, ma non è silenzio: il silenzio è molto di più.
La parola taciturno deriva dalla radice tak-, il cui significato è "essere quieto, acquietato, contento". In sanscrito, tucyati significa "soddisfare". Stando all'etimologia, quindi, il taciturno, al contrario di quello che comunemente si pensa, si trova nella pacificazione ed è contento perché le sue necessità sono state appagate: chi tace sta bene. La taciturnità è dunque una virtù, un atteggiamento positivo: indica che la persona è riuscita a risolvere le tensioni che separavano i suoi desideri dalla sua condizione reale, spingendola a creare rumore, semplice strumento del bisogno e della mancanza.
La regola del VI secolo attribuita a san Benedetto da Norcia, monaco fondatore dell'ordine cristiano più conosciuto e diffuso in tutto il mondo, quello dei benedettini, recita: “Facciamo come dice il profeta: “Ho detto custodirò le mie vie per non peccare con la lingua; ho posto un freno sulla mia bocca, non ho parlato, mi sono umiliato e ho taciuto anche sulle cose buone”.
Nei monasteri benedettini, l’importanza del silenzio è tale che persino ai discepoli perfetti bisogna concedere raramente il permesso di parlare, sia pure di argomenti buoni, santi ed edificanti, perché sta scritto: “Nelle molte parole non eviterai il peccato” e altrove: Morte e vita sono in potere nella lingua”.
Abba Poemen raccontò che:
Un fratello che viveva con altri fratelli chiese a padre Bessarione: “che cosa devo fare?” Gli rispose: “Taci e non misurare te stesso”.
Vita e detti dei Padri del deserto, Poemen, 27

Lo stesso Abba Teofilo, l’arcivescovo, un giorno si recò a Sceti.
I fratelli che si erano riuniti dissero ad Abba Pambo: “Di’ una parola al vescovo, perché ne sia edificato”.
Il vegliardo disse loro: “Se non è edificato dal mio silenzio, non avrà di che edificarsi nemmeno della mia parola”.
Vita e detti dei Padri del deserto, Teofilo, 2
Un fratello chiese ad Abba Poemen:  “È meglio parlare o tacere?” L’anziano disse: “Chi parla per amore di Dio fa bene, e chi tace per amore di Dio fa ugualmente bene”.

Vita e detti dei Padri del deserto, Poemen, 147

le altre regole quali saranno?

Le cercherò...

Al prossimo post.
Fra 79.

Cuori vicini cioè buona relazione




 Salve a tutti,

seguito a postare visto che nei giorni scorsi gli impegni mi hanno tenuto lontano dallo scrivere qualcosa. In questi giorni ho letto molto velocemente l'anteprima di 

Come vivere più felici con poco: (ri)scoprire il valore della sobrietà opera di Giulia Settimo.

Ad un certo punto l'autrice intitola una parte del libro "Cuori vicini" e ho pensato immediatamente alla relazione che si dovrebbe tenere con i bambini...
Però credo di capire che per raggiungere un tale livello, ci vuole molto lavoro su di sè e non basta essere sinceri quando si parla ai bambini. Bisogna sforzarsi di ascoltare perchè la relazione non è solo un peso da sopportare è qualcosa di prezioso da mantenere in equilibrio. Quindi a tutte le persone che conosco e che accanto hanno un partner di qualsiasi genere (anche "animali" vanno bene, perché no? anzi a volte andiamo più d'accordo con i cani e i gatti mica capisco, sarà un perché sì!) auguro una felice relazione con i compagni e le compagne.  

Cuori vicini contiene un pensiero di Gandhi:
    
Un maestro indiano chiese un giorno ai suoi discepoli: “Perché le persone gridano quando sono arrabbiate?” “Gridano perché perdono la calma” rispose uno di loro.
“Ma perché gridare, se la persona è lì vicino?” ribatté il saggio?
“Gridiamo perché desideriamo che gli altri ci ascoltino” replicò un secondo discepolo.
Il Maestro tornò a domandare: “E non possiamo parlargli a voce bassa? “.
Furono date varie risposte, ma nessuna convinse il saggio, che alla fine disse:” Sapete perché si grida contro un'altra persona quando si è arrabbiati? Il fatto è che quando due persone sono arrabbiate i loro cuori si allontanano molto. Per coprire questa distanza e potersi ascoltare, bisogna gridare. Quanto più sono arrabbiate, tanto più forte dovranno gridare per sentirsi. D’altra parte, che succede quando due persone sono innamorate? Non gridano, ma parlano dolcemente. E perché? Perché i loro cuori sono molto vicini, la distanza tra loro è molto piccola. A volte i loro cuori sono talmente vicini, che neppure parlano, sussurrano solo. E quando l’amore è più intenso non è necessario nemmeno sussurrare, basta guardarsi. I cuori si intendono.  È questo che accade quando due persone si amano”.
E concluse dicendo: “Quando discutete, non lasciate che i vostri cuori si allontanino, non dite parole che li possano distanziare oltre, perché arriverà il giorno in cui la distanza sarà tale che non incontreranno mai più la strada del ritorno”.

Gandhi grazie!

Fra 79.

Aiutarsi, collaborare fare gruppo!


Ciao a tutti! 

Oggi ho ricevuto un grandissimo complimento! La collega mi ha detto che sono impagabile...
E io stavo un pò in difficoltà... le ho detto che sono pagabile a... caffé! E mi hanno detto che me lo avrebbero offerto.. solo che nel finire di sistemare ho dimenticato di prenderlo... Va bene sono molto felice e posso dire la stessa frase di Itachi Uchiha: "Sarà per la prossima volta"! Certo Itachi è il ninja che preferisco quello che alle richieste del fratello minore per tantissimo tempo risponde:

Itachi: Perdonami Sasuke, sarà per la prossima volta.
   

 Veramente un personaggio speciale che ha una storia molto complessa intriga il fatto che in punto di morte sembra averti dato la risposta e poi scopri che nascondeva i segreti....   


Itachi: Perdonami Sasuke, non ci sarà una prossima volta. 


Mi piace perchè ama il suo villaggio e lo protegge 

Inserisco una parte della sua storia... poi chi vuole ricerca Naruto da solo.

Itachi conobbe la guerra all'eta di 4 anni, questa esperienza lo segnò molto e fece di lui un ninja molto attaccato alla pace e al bene del Villaggio. I consiglieri se ne accorsero subito e lo designarono come spia del Consiglio del Villaggio all'interno del Clan Uchiha. Quest'ultimo, in base ad un piano di Fugaku, il padre di Sasuke e Itachi, stava preparando un complotto per distruggere la Foglia. Inoltre i membri del Clan avevano a loro volta designato Itachi spia all'interno del Villaggio; Itachi doveva fare quindi una scelta: tradire il Villaggio e restare fedele al clan, fatto che avrebbe significato l'attuazione del colpo di stato degli Uchiha ed un probabile scoppio di una quarta guerra mondiale dei ninja (in pratica molti innocenti sarebbero morti in seguito al desiderio di potere degli Uchiha), oppure restare fedele al Villaggio, il che significava assicurare stabilità al Paese del Fuoco ed evitare lo scoppio della guerra. Itachi restò fedele al Villaggio ma in cambio dovette pagare un prezzo molto alto: lo sterminio del suo clan.
Il Terzo Hokage era contrario ad una così drastica misura, proposta probabilmente dai suoi tre consiglieri, ma alla fine dovette cedere. Itachi, per sterminare il clan, chiese aiuto a Madara Uchiha: non è ancora ben chiaro il rapporto che ci fu tra Itachi e Madara prima dello sterminio del clan.

Itachi però fallì: egli infatti lasciò in vita un membro del clan, quello a cui voleva più bene: il fratello Sasuke. Itachi pregò il Terzo Hokage di proteggere Sasuke dai tre consiglieri, che probabilmente volevano ucciderlo, e alla fine scappò dal villaggio nelle vesti di criminale, tutto per il bene del Paese del Fuoco. Dopo la morte del Terzo Hokage, colui che si era preso l'impegno di proteggere Sasuke, ritornò al Villaggio con Kisame per verificare che i consiglieri e Danzo non avessero intenzione di uccidere il suo fratellino. E poi protesse ancora suo fratello eliminando da lui il Segno Maledetto e uccedendo Orochimaru. Tutto perfettamente calcolato.
Dopo queste rivelazioni, Sasuke scoppia in un pianto e capisce di avere eliminato l'unico che aveva veramente a cuore la sua vita. Queste emozioni fanno in modo che si risvegli in lui lo Sharingan Ipnotico e, nonostante ne abbia la possibilità, rinuncia ad impiantarsi gli occhi di Itachi, dicendo che, mentre gli occhi di suo fratello volevano vedere la prosperità del Villaggio della Foglia, i suoi ne vogliono la distruzione, in quanto l'amore per Konoha è stata l'origine di tutte le sofferenze di Itachi.

Itachi ha sopportato un peso enorme...  

Sopportare qualcuno invece è diverso? 

Sarebbe a dire: litigare e discutere animatamente lega le persone o le separa? 

Da un pò mi chiedo se le cose che infastidiscono di un altro sono affrontabili al meglio.
Dobbiamo allenarci a lungo per reagire alla situazione inevitabile di conoscere o frequentare le persone che agiscono in modo molesto? Si può imparare a lavorare con i rompiscatole? vivere con persone spiacevoli sappiamo tutti che a volte, è una impresa, no?

Come si fa? 

(Catechisticamente parlando) bisogna fare una opera di misericordia spirituale...

Le sette opere di misericordia spirituale sono:
  1. Consigliare i dubbiosi.
  2. Insegnare agli ignoranti.
  3. Ammonire i peccatori.
  4. Consolare gli afflitti.
  5. Perdonare le offese.
  6. Sopportare pazientemente le persone moleste.
  7. Pregare Dio per i vivi e per i morti. 

Oppure bisogna usare un trucco segreto?

Questo magari sarà argomento di un prossimo post!

Fra 79.






venerdì 24 giugno 2016

Goldrake in biblioteca....

Salve a tutti,

siamo occupatissimi a scuola con il riordino aule.
Ma stamattina ho aiutato la collega a sistemare i libri in biblioteca...
e miticamente ho trovato un libro storia su Goldrake è lo stesso che mio cugino aveva trovato su Ebay. Bè sono stata molto felice di aprirlo...

Bando ai sentimentalismi oggi parliamo dei responsabili di plesso! Nella scuola dove sono attualmente i fiduciari sono tre. Quando il dirigente mi ha detto il numero ho associato la cosa alla serie sudcoreana Secret Garden dove nel primo episodio si parlava dei tre disastri... (poverini dopo il faticoso lavoro che ho visto che fanno ora mi pento di questo legame! sì un pensiero veramente poco intelligente...)
ah spiego meglio:   la protagonista Gil La-im, interpretata da Ha Ji-won.Trent'anni, è una stuntwoman povera e umile, coraggiosa e leale va a prendere un caffè nel locale dove lavora la sua amica Im Ah-young, interpretata da Yoo In-naAmica e convivente di La-im, lavora nel principale negozio della catena di cui è proprietario Joo-won che si innamora di Gil La-Im. Ad un certo punto una ricca ereditiera si lamenta della condizione sociale di Gil La-im prendendosela con chi l'ha fatta passare non controllando la carta d'identità! "questo non è un posto riservato ai VIP che spendono oltre 100 milioni di won?" e chiede con insistenza le generalità di Im Ah-young ad un certo punto le stacca la targhetta del nome e si dirige a farla licenziare... Gil La-Im sta per partire a fermarla ma l'amica la blocca e le chiede dove sta andando... "Andremo incontro ai tre disastri qui" (intende la Grande carestia cinese tra il 1959-1961!) E poi continua: "Disastri burocratici, calamità e gossip. Una sfortuna totale". comunque potere dei film evitano il licenziamento grazie al recupero acrobatico della borsa della perfida ricca snob rubata da un ladro... 

ecco qualche altro dettaglio su Tre anni di disastri naturali in cinese tradizionale e semplificato si scrive così: (三年自然災害三年自然灾害Sān nián zì rán zāi hài), o la Grande carestia cinese, periodo storico del grande balzo in avanti della Repubblica popolare cinese avviato da Mao. 

ecco questo mi fa venire in mente un'altra cosa... oggi uno dei fiduciari parlava della strada sbagliata che si può prendere... per cui vi invito a leggere un articolo dal mitico sito "studiare (da) Giapponese"  

Parole forti! – Hanmenkyoushi

Hanmen-kyoushi
反面教師
HANMENKYOUSHI
(lett. “insegnante opposto”) – Da 反面 hanmen, l’opposto (il lato/la facciata opposta), e da 教師 kyoushi, insegnante. Ma forse faremmo meglio a leggere questi kanji a la cinese, ovvero fǎn miàn jiào shī …e scommetto che il perché vi stupirà parecchio!
Il fatto è che questa parola è stata coniata da Mao Zedong (nome che in Occidente è spesso trascritto come Mao Tse Tung e in Giappone è letto a la giapponese: mou takutou). Il famoso leader del partito comunista cinese, oltre a milioni di morti ci ha lasciato anche qualche perla di saggezza (in italiano si parla spesso de “l’altra metà del cielo” per indicare le donne… altra espressione di Mao).
Ad ogni modo si riferisce a un “cattivo esempio” (termine che esiste anche in giapponese: 悪例 akurei), ma è in effetti appena un po’ più complesso. Indica infatti un fatto, o comportamento, negativo o anche la persona stessa che agisce e si comporta male; qualcosa o qualcuno che quindi non andrebbe imitato, ma che può fungere da perfetto esempio e ammonimento di ciò che non va fatto. Si deve quindi riflettere e imparare da quel fatto o da quella persona, facendo poi l’opposto.
Vediamo ora come si usa davvero la parola hanmen-kyoushi inserendola in qualche esempio.
田中さんほど親切な反面教師はいない。
Tanaka-san hodo shinsetsu na hanmen-kyoushi wa inai.
Non c’è un cattivo maestro più disponibile di Tanaka
NB In effetti shinsetsu significa cortese, gentile, ma ho reso con disponibile perché l’idea è che Tanaka si comporta spesso male e da così tanti esempi di ciò che non va fatto… Dato che il fatto che qualcuno ci ricordi così spesso come non ci si deve comportare è un bene per noi, Tanaka viene definito, sarcasticamente, “gentile”.
僕はそれを反面教師にしたいと思います。
boku wa sore wo hanmen.kyoushi ni shitai to omoimasu.
Voglio prenderlo come esempio da non imitare.
反面教師からも、たくさんのことを学ぶことができる。
hanmen-kyoushi kara mo, takusan no koto wo manabu koto ga dekiru.
Anche da un cattivo maestro c’è molto da imparare (lett.: possiamo imparare molte cose)
良い教師をたくさん作るより、反面教師をたくさん作った方がいい。
ii kyoushi wo takusan tsukur yori, hanmen-kyoushi wo takusan tsukutta hou ga ii.
Piuttosto che trovare tanti validi maestri, è meglio trovarsi tanti cattivi maestri.
絶対こんなやつにはなりたくない。っていうのが自分の本当にやりたいことは見つけやすいと思う。
zettai konna yatsu ni wa naritakunai. tte iu no ga jibun no hontou ni yaritai koto wa mitsukeyasui to omou.
Solo per chi dice “non voglio diventare un tipo del genere” è facile trovare ciò che si vuole fare davvero (nella vita).
E voi? Siete buoni o cattivi maestri? Ne avete conosciuti abbastanza da diventare maestri – buoni o cattivi – a vostra volta?

un saluto a tutti, penso che vado a letto perchè domani "esco" in gita con gli amici!

mercoledì 22 giugno 2016



    Ciao a tutti,
     ho pescato sempre dal sito Dondake un articolo sul Jujitsu! 
    Il Jujitsu è l’arte marziale giapponese più antica e comprende tecniche di combattimento a mani nude, molte delle quali sono entrate a far parte del bagaglio tecnico del Judo e dell’Aikido.
    In tutta la storia delle arti marziali giapponesi le tecniche di combattimento sono state tramandate esclusivamente per via orale, molto rari sono i documenti scritti. Il motivo era dato dalla necessità di mantenere la segretezza dell’arte, il maestro, infatti, rivelava solo a pochi allievi prescelti le sue conoscenze.
    In più nelle scuole, il patto stipulato fra allievi prescelti (detti interni) e il maestro era un patto di sangue, gli allievi infatti venivano affiliati al clan del maestro, esattamente come avveniva tra il samurai e il suo signore. Per tutti questi motivi l’origine del Jujitsu rimane in gran parte oscura. A differenza di altre arti marziali, non ha un fondatore certo: la leggenda narra che il suo mitico inventore rimase colpito dal modo in cui un salice, piegandosi fino al suolo, si liberasse con un solo colpo della neve che lo opprimeva. Non è un caso se la parola Ju di Jujitsu significa “cedevolezza”, “flessibilità”, per cui Jujitsu significa “arte della cedevolezza”, motivo per cui è stata anche ribattezzata “la dolce arte”.
    Il Jujitsu trae le sue origini dall’antica lotta giapponese disarmata. In una cronaca giapponese del 720 d.C. troviamo, per la prima volta, la notizia di un incontro di Chikara Kurabe, le antiche prove di forza da cui deriverebbero sia il Sumo che il Jujitsu. A partire dal XVI secolo l’arte tradizionale della lotta subì l’influenza delle tecniche del Kung Fu cinese. Si narra ke il cinese Chen Yan Pin, nel XVI secolo, nella prefettura di Aichi, insegnasse a 3 ronin i segreti delle scuole di Kung Fu, grazie a qst ronin sarebbero poi nate le scuole di Jujitsu in Giappone. Fra le scuole più antiche e famose ricordiamo la Tenjin Shinyo, la Takenouchi, il Kito ryu, il Sekiguchi ryu e lo Yoshin ryu.
    La scuola Tenjin era specializzata in tecniche di percussione tipiche degli stili di Kung Fu, grazie soprattutto alle conoscenze del suo fondatore Yoshitoki che si recò in Cina a studiare questa arte marziale. Inoltre questa scuola era organizzata come una tradizionale scuola cinese: oltre alle tecniche di percussione insegnava anche tecniche di strangolamento e immobilizzazione, nozioni di anatomia, di primo soccorso e di medicina. In Cina, nelle scuole di Kung Fu, il maestro-padre (Sifu) era sia un maestro di arti marziali che un medico.
    Bè a me queste cose interessano.
    Saluti e alla prossima
    Fra 79!